Dal 29/8/2017 la Legge per la Concorrenza (L. 124/2017) ha messo in atto tutta una serie di nuove norme per i liberi professionisti ed altre categorie, come le società di ingegneria e gli agrotecnici. Una delle novità più importanti è l’obbligo, per i professionisti, di redigere un preventivo scritto o digitale e di indicare titoli e specializzazioni.
Obbligo di preventivo scritto o digitale
I professionisti dovranno rendere noto obbligatoriamente al cliente, in forma scritta o digitale, il preventivo che gli verrà sottoposto, in cui dovrà necessariamente essere riportato non solo il compenso necessario per attuare il lavoro ma anche tutte le onerosità di cui si deve far carico il professionista, comprese le informazioni utili sugli oneri dal momento del conferimento dell’incarico fino alla conclusione dello stesso. Inoltre va specificato anche il “grado di complessità” dell’incarico, anche qui attraverso informazioni il più possibile dettagliate su procedure di lavoro e modalità. Il compenso dovrà esser reso noto obbligatoriamente, anche qui in forma scritta o digitale, con un preventivo di massima e pattuito in base alle voci di costo, a cui andranno aggiunte anche le tasse ed le spese varie.
Tutti gli obblighi soprastanti sono nient’altro che un rafforzamento delle decisioni già prese nel Decreto Liberalizzazioni (L. 27/2012), che prevede soprattutto l’accordo sul compenso da pagare al momento del conferimento dell’incarico.
Obbligo di indicare titoli e specializzazioni
Sempre con l’obiettivo di avere la più alta trasperenza e la più chiara concorrenza tra i vari competitor, i professionisti iscritti ai rispettivi ordini e collegi di appartenenza dovranno specificare tra le informazioni al loro riguardo anche i titoli posseduti e le eventuali specializzazioni conseguite. Anche in questo caso si tratta di una disposizione che va a rafforzare l’effetto di un decreto già esistente, il DPR 137/2012 sulla riforma degli ordinamenti professionali, in base al quale l’indicazione di titoli e specializzazioni era esternata solo come una facoltà.
Società di ingegneria nel mercato privato
La Legge per la Concorrenza mette fine alle controversie, oramai pubbliche da più di due anni ma partite già una decina di anni fa, sulla possibilità per le società di ingegneria di poter accettare lavori anche da enti privati. Già la legge 266/1997 permetteva l’esercizio della professione ingegneristica anche in forma societaria, ma con questa Legge per la Concorrenza questa opportunità viene estesa anche alle società di ingegneria costituite sotto forma di società di capitali o cooperative. Le conseguenze di queste decisioni sono molteplici ma due saltano subito all’occhio: da una parte il mercato privato si apre definitivamente alle società di ingegneria di qualsiasi forma societaria; dall’altro si conferma definitivamente e senza ambiguità la validità dei contratti tra società di ingegneria ed enti privati conclusi a decorrere dall’entrata in vigore della legge 266/1997. Questa decisione da parte del legislatore porta con sé degli obblighi da adempiere: per operare con i privati, le società di ingegneria dovranno stipulare una polizza assicurativa per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per gli eventuali danni causati ai clienti dai singoli soci professionisti nell’esercizio dell’attività professionale. Le società di ingegneria dovranno inoltre indicare ai clienti i nominativi dei professionisti responsabili dei progetti e tutte le informazioni inerenti ai loro compensi e oneri.
Pratiche catastali agli agrotecnici
Andando a dare una interpretazione finale e definitiva all’articolo 145 della Legge 388/2000 (anche questo oggetto di vivaci dibattiti negli ultimi anni), la Legge per la Concorrenza stabilisce che gli atti catastali possono essere redatti e sottoscritti anche dagli agrotecnici iscritti all’Albo nazionale degli Agrotecnici, che ricordiamo è stato istituito nel 1986. Per dovere di cronaca, questa interpretazione era già stata fornita dal legislatore quasi dieci anni fa, nel decreto Milleproroghe del 2008; però la Corte Costituzionale con una sentenza del 2015 aveva annullato gli effetti di decreti del genere lasciando un buco legislativo di un paio d’anni.